Intervento di Franco Ungaro pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno il 7 gennaio 2021
Quando l’assessore Massimo Bray sottolinea che «non si può pensare al futuro senza pensare all’innovazione tecnologica» , credo lanci un’indicazione di strategia anche e soprattutto per le politiche culturali e dello spettacolo.
Il progetto sperimentale Indovina chi viene a (S)cena avviato nel Teatro Apollo di Lecce dal Teatro Pubblico Pugliese e dal Comune di Lecce con la programmazione di spettacoli in streaming e con il debutto dello spettacolo Il cavaliere senza terra, un omaggio al pittore leccese Edoardo De Candia, prodotto da AMA-Accademia Mediterranea dell’Attore di Lecce con giovani attrici e attori (Lorenzo Paladini, Benedetta Pati, Carmen Ines Tarantino) credo che vada in quella direzione e per questa ragione merita qualche riflessione in più e di più ampio respiro. Non limitato alla semplice riproposizione di un dibattito ormai usurato sul ‘teatro in streaming che non è teatro’ e neppure limitato alle economie di emergenza più che mai necessarie ad artisti e maestranze per continuare a vivere e creare.
Si scorgono in esso alcune novità, come quella di affidare ‘la prima’ della stagione non al cosiddetto ‘nome televisivo conosciuto e di grido’, ma recuperando una dimensione di prossimità e di fiducia nelle giovani risorse del territorio, tanto necessaria in questa fase. Così come il dialogo creativo che si è potuto instaurare fra artisti che sperimentano linguaggi diversi, quello tra attori e attrici di teatro, la coreografa Barbara Toma e la giovane regista video Brunella Filì, tutto nel vivo di un processo creativo che avveniva su un palcoscenico vero, tutti spinti e motivati dalla necessità artistica di tornare a lavorare e creare.
Ecco, quindi che tra sfide prioritarie da affrontare c’è quella del ricambio generazionale: fare spazio al protagonismo delle giovani generazioni, dando loro fiducia, strumenti, spazi e risorse, eliminando soprattutto rendite di posizione e privilegi che intossicano il sistema. Da loro emergono sollecitazioni per nuovi modelli di creazione e co-creazione che rompano gli argini e i perimetri dei generi e delle discipline, dei linguaggi e pratiche artistiche e performative. Per questo occorrerebbe una revisione radicale di leggi, regolamenti, parametri, algoritmi, bandi e bandetti che imprigionano gli operatori in recinti asettici e improduttivi. Servirebbe una migliore convergenza ( se non fusione) istituzionale e operativa fra le due agenzie regionali, Teatro Pubblico Pugliese e Apulia Film Commission ma anche una maggiore integrazione fra le politiche e i settori, tra cultura, spettacolo, politiche giovanili, rigenerazione urbana, turismo, formazione, educazione. La pandemia ci impone di recuperare la funzione pubblica e civile del teatro e delle arti, mai avvertita come ora nella sua urgenza e necessità, bandendo elitarismo e autoreferenzialità. Il teatro torni ad essere agorà, luogo e tempo dell’incontro dei cittadini e con i cittadini, veicolo di rigenerazione per gruppi sociali fragili e periferie urbane, motore del cambiamento sociale che veda le comunità protagoniste nella creazione dei paesaggi culturali. Come pensare allora che sia possibile incontrare e avvicinare il nuovo e vecchio pubblico senza i nuovi media, senza innovazione tecnologica, senza abitare insieme gli spazi del reale e del virtuale? Non ci sarà davvero futuro se non sapremo collegare i processi di innovazione culturale, artistica e sociale ai processi di innovazione tecnologica.
Franco Ungaro – direttore Accademia Mediterranea dell’Attore